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Valerio Potì

La mia agenda politica

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Sono favorevole all’istituzione di un’unione della difesa e di forze armate europee capace di dare consistenza alla politica estera dell’Unione. Ritengo che questa iniziativa rappresenti il primo concreto passo verso gli Stati Uniti d’Europa. In particolare, ritengo che occorra dar vita ad una
Forza europea di reazione rapida con consistenti capacità “multidominio” e sotto diretto comando della Commissione Ue. Il perseguimento di una maggiore autonomia strategica europea dovrà essere in ogni caso coerente con la missione e l’operatività della NATO, che rimane un perno fondamentale della difesa europea e del partenariato atlantico

Ritengo urgente e necessario che, in linea con quanto auspicato dal Parlamento Europeo, sia eliminato il voto all’unanimità nell’ambito del Consiglio. Tale voto è oggi utilizzato come mezzo di ricatto dei singoli Stati membri anche sui temi più delicati e urgenti, come ad esempio il sostegno all’Ucraina, producendo insoddisfacenti compromessi al ribasso. Allo stesso tempo occorre che il Parlamento Europeo sia dotato di poteri di iniziativa legislativa, oggi monopolio della Commissione. Infine, sono per lo spostamento dei poteri di emergenza, in caso di crisi, dal Consiglio alla Commissione.

Sono per la “tolleranza zero” rispetto a ogni violazione dello Stato di diritto. Sono perciò favorevole all’introduzione di un limite temporale di sei mesi, entro i quali il Consiglio deve verificare la possibile violazione dello Stato di diritto da parte di uno Stato membro e adottare le misure conseguenti previste dai Trattati.

L’impegno per la transizione ambientale è non solo necessario per salvare il pianeta, ma rappresenta anche un’opportunità per cittadini e imprese. Penso che vada riformato tutto l’impianto del “Green deal”. Sappiamo che molti obiettivi in esso contenuti non sono materialmente raggiungibili e alcune delle normative approvate (es. Case Green) risultano insostenibili finanziariamente. Ritengo quindi che ogni misura debba essere rivista alla luce di una serie di analisi di impatto tecnologicamente neutrali, corredate da una chiara indicazione delle fonti di finanziamento. Per ciò che riguarda la produzione elettrica, va garantito pari sostegno normativo e finanziario a tutte le tecnologie a bassa emissione, incluso il nucleare della migliore tecnologia oggi disponibile.

Ritengo fondamentale che nasca finalmente una politica industriale comune, sostitutiva degli strumenti nazionali. Questi, la cui ampiezza è aumentata dopo il Covid anche per effetto della ridefinizione dei limiti degli aiuti di Stato, stanno danneggiando irreparabilmente il mercato unico. La politica industriale comune dovrà avere un capitolo relativo alla sicurezza degli approvvigionamenti e prendere atto dell’instabilità delle catene globali del valore, dovuta all’aumento della complessità del quadro geopolitico. In questo contesto dobbiamo necessariamente armonizzare le aliquote fiscali e le basi imponibili per ciò che riguarda la tassazione degli utili e delle imprese, anche per evitare la nascita di paradisi fiscali interni all’Unione. Come ha recentemente spiegato Mario Draghi al Parlamento Europeo, l’Europa ha bisogno di un massiccio piano di investimenti. Questo piano straordinario per gli investimenti e le competenze va gestito direttamente dalla Commissione Europea.

Va ripreso il percorso per un accordo commerciale con gli USA, rilanciando il negoziato per il Transatlantic Trade and Investment Partnership. Con la riduzione delle opzioni di mercato derivanti dal mutato quadro geopolitico, l’apertura reciproca dei mercati agli investimenti e al commercio, eliminando le barriere tariffarie e non tariffarie, diventa un’assoluta priorità per Stati Uniti e UE.  

Ritengo urgente il completamento del lavoro in sede europea per regolare operativamente l’età di accesso ai social e ai siti vietati, in ottemperanza al Digital Services Act, e la responsabilità delle piattaforme sui contenuti pericolosi o falsi pubblicati. Tale sforzo va coordinato con gli sforzi sia per regolamentare l'IA che per costruire durevoli vantaggi competitivi nelle tecnlogie avanzate dell'economia dell'informazione, incluso l'IA. Occorre al riguardo comprendere che regolamentare non vuol dire necessariamente frenare l'innovazione ma invece può servire non solo ad indirizzarla ma anche a rafforzarla perchè, legittimandola appieno, ne facilita la diffusione e l'early adoption.

Il pilastro sociale dell’Unione Europea va rilanciato con una particolare attenzione ai temi della sanità, dell’istruzione, della demografia e della parità di genere. È interesse prioritario dell’Italia che venga riaperta la linea di finanziamento del MES relativa al potenziamento dei Sistemi Sanitari Nazionali. Analogo meccanismo va studiato per finanziare le politiche demografiche e l’accesso delle donne al mercato del lavoro. Occorre un PNRR dedicato ai diritti sociali, oppure consentire l'estensione e riformulazione dei programmi nazionali in questa chiave. Al centro dei piani per una nuova Europa va messo un “New Deal” per l’uomo nell’era digitale. Non esiste un’equa distribuzione della ricchezza senza un’equa distribuzione della conoscenza. Va quindi combattuto senza quartiere l’analfabetismo funzionale che sta minando le democrazie persino più delle diseguaglianze economiche, destinando una quota più rilevante dei fondi strutturali all’istruzione, alla formazione e alla cultura. La gestione delle conseguenze sociali della globalizzazione, dell’innovazione e della transizione ambientale non può essere più lasciata interamente al mercato. Dovranno poi essere finanziati a livello europeo strumenti per la formazione permanente dei lavoratori. È urgente e indispensabile la fondazione di un nuovo sistema di welfare 4.0 che comprenda anche il sussidio di disoccupazione europeo e un “Erasmus plus” accessibile a tutti gli studenti europei. Laddove esistono alti tassi di cultura e un welfare efficace, il populismo non attecchisce.

L’UE deve concentrare i fondi della cooperazione sull’Africa secondo il modello previsto dalla proposta italiana del “Migration compact”. Ritengo che si debbano incrementare gli aiuti per lo sviluppo infrastrutturale ed economico, la sanità e l’istruzione dei nostri partner africani, condizionandoli a una cooperazione efficace per la protezione delle frontiere interne ed esterne. Sono per il superamento dell’accordo di Dublino con l’introduzione di una redistribuzione obbligatoria, preventiva e permanente dei richiedenti asilo tra gli Stati membri, senza possibilità di esoneri attraverso il versamento di contributi finanziari. Vanno però sostenute politiche concentrate non solo sull’accoglienza e sulla redistribuzione, che mirino anche alla formazione e al conseguente inserimento lavorativo. L’UE è un continente in progressivo innalzamento dell’età media che ha bisogno di strutturare vie legali di accesso per le migrazioni selettive e mirate. Le responsabilità sul controllo delle frontiere esterne dell’UE, sulla gestione dei centri di prima accoglienza dei flussi di migranti in arrivo va accentrata su Frontex e, insieme alla gestione degli accordi di rimpatrio con i Paesi terzi, deve essere di competenza della Commissione europea.

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